FATTO

La vicenda, già nota a Codesto Ecc.mo Collegio per la trattazione – in sede cautelare – del ricorso proposto dal Comune di Capraia al numero 1224/03 III^ Sezione, riguarda la legittimità di una regolamentazione straordinaria adottata dall’Ente Parco Nazionale in materia di attività subacquea nell’Isola di Capraia (LI).

Adottata e poi di seguito revocata (cfr. punto 5), la disciplina in esame, trovava piena reviviscenza per gli effetti della ordinanza cautelare n. 821 del 30 Luglio 2003, con la quale appunto Codesto Ecc.mo Collegio, Seconda Sezione, su istanza del Comune di Capraia sospendeva l’atto di revoca con motivazione dal tenore inequivocabile (cfr. ord. Cit. “Considerato che nel caso di specie, sussistono entrambi i presupposti ove si consideri che la revoca con effetto immediato delle precedenti Delibere nn. 87 del 05.05.2003 e 121 del 23.05.2003 autorizzando di fatto una indiscriminata attività subacquea, potrebbe comportare un pericolo per l’equilibrio dell’ecosistema del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, come del resto riconosciuto dallo stesso Commissario straordinario nelle delibere revocate”).

Venendo ad una esposizione particolareggiata dei fatti, rileva quanto segue:

1. La società in epigrafe svolge da oltre tre anni attività di accompagnamento subacqueo nelle acque del Parco dell’Arcipelago Toscano ed in particolare in quelle circostanti l’isola di Capraia (LI).

2. Avendo già organizzato gli accessi per la stagione in corso, trovava un diretto interesse nella Regolamentazione dell’attività adottata dall’Ente Parco – in persona del Commissario straordinario pro-tempore – con una prima Delibera – la n. 87 – del primi del Maggio u.s..

Questa, recante appunto “Regolamentazione attività subacquee nelle acque ricomprese nel perimetro del Parco Nazionale  dell’Arcipelago Toscano all’Isola di Capraia” deliberava per la parte fondamentale :

Che le attività di accompagnamento subacquei, all’interno della zona perimetrata a mare del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano, con esclusione della zona 1, possa essere svolta esclusivamente da soggetti giuridici, espressamente autorizzati dall’Ente Parco, in regola con quanto richiesto dalla normativa vigente in materia, aventi sede sociale e/o organizzativa alla data del 0.01.2003 nell’isola di Capraia;

Che l’attività di accompagnamento di cui sopra debba essere svolta con guide parco o in mancanza con guide ambientali di cui alla legge R.T. n. 54/97;

Che possano svolgere immersioni ricreative subacquee, nella zona perimetrata a mare del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano ad esclusione della zona 1, coloro che siano residenti, che possiedano abitazioni o che risiedano stagionalmente per almeno 6 giorni NEL Comune di Capraia Isola  o espressamente autorizzati per finalità istituzionali e/o scientifiche dell’Ente Parco”;

Che nella zona 1 così come individuata nel D.P.R. 22 Luglio 1996 è vietata la balneazione l’immersione con apparecchi autorespiratori fatte slave le immersioni preventivamente autorizzate dall’Ente Parco per finalità di ricerca scientifica e attività cine-fotografiche;….” (cfr- Delibera cit.).

3. Ancorché corretta successivamente con la n. 121 del 23 Maggio in quanto “…per un mero errore formale di battitura nonché di elaborazione informatica ” nel dispositivo di cui ai commi 1 e 3  veniva “erroneamente riportata la dicitura Comune di Capraia Isola” in luogo di Isole dell’Arcipelago Toscano (cfr. Delibera n. 121 cit.), la Delibera – per i suoi contenuti innegabilmente restrittivi – suscitava una forte reazione critica da parte della ricorrente, per l’occasione divenuta capogruppo di un cartello di protesta composto dai principali divers della costa toscana ed attivatasi anche presso l’ente provinciale al fine di trovare appoggio e riscontro;

4. Le rimostranze vertevano soprattutto sulla scelta – di stampo marcatamente “protezionista” - di limitare l’esercizio dell’attività di accompagnamento ai soli operatori dell’isola (poi delle isole dell’Arcipelago), operata senza alcuna preventiva consultazione ad esempio degli operatori della costa e/o delle altre figure soggettive pubbliche territorialmente interessate (fra le quali, primariamente, la Provincia di Livorno).

5. La pressione esercitata sull’Ente Parco in effetti produceva i suoi frutti nello stesso mese di Giugno 2003 allorché, con Delibera n. 163 avente ad oggetto “Revoca delibere nn. 87 del 5 Maggio 2003 e 121 del 23 Maggio 2003. Provvedimenti conseguenti” il Commissario del Parco revocava in blocco la disciplina anzidetta (cfr. docc. all.).

Queste in sintesi le motivazioni del “ripensamento”:

Rilevata pertanto l’opportunità, anche in considerazione che per il corrente anno, già da tempo gli operatori del settore risultano aver assunto impegni per l’espletamento della loro attività nella zona interessata, di procedere alla revoca delle delibere citate, in attesa che la materia possa essere più opportunamente e complessivamente regolamentata all’interno degli strumenti programmatici del Parco anche con il contributo di tutti i soggetti interessati alle attività subacquee……..” (cfr. doc. cit.).

6. Tale esercizio dello ius poenitoendi non soddisfaceva tuttavia gli interessi del Comune di Capraia Isola che infatti avversava la Delibera di revoca con ricorso contenente istanza di provvedimento cautelare anche inaudita altera parte (cfr. cit. ricorso n. 1224/03), ricorso che trovava riscontro presso Codesto Ecc.mo Collegio dapprima giusta il decreto presidenziale n. 754/03, quindi con la menzionata ordinanza n. 821 del 30 luglio.

Invano la ricorrente interveniva ad opponendum nel procedimento (cfr. docc. all.).

La reviviscenza del regime di cui alle delibere nn. 87 e 121 – conseguente all’azione del Comune di Capraia- ripropone allora il tema della opportunità/congruità del vincolo/i in esse previsto/i e soprattutto fa risorgere in capo alla società l’interesse ad avversare la regolamentazione, in quanto per essa appunto eccessivamente restrittiva ed onerosa.

DIRITTO

Seppur già vagliata in altre sedi (tra tutte si vedano le pronunce del Tar Sardegna sulla disciplina del Parco  nazionale di La Maddalena) la questio facti e iuris del presente giudizio si distingue per almeno due particolarità:

-        lo specifico contesto in cui è maturata;

-        gli sviluppi che l’hanno contraddistinta.

 Quanto alla prima rileva sottolineare come la disciplina in contestazione sia stata emanata da un organo straordinario (recte il commissario ministeriale) e senza alcuna preventiva consultazione degli enti locali interessati, ivi compresa la Regione Toscana.

Parimenti del tutto peculiare è il ripensamento operato dall’ente ad appena un mese dalla regolamentazione dell’attività.

E’ innegabile che entrambi questi aspetti influenzano la valutazione delle censure che ci si appresta ad argomentare nel senso – ad avviso di questa difesa - di corroborare un giudizio della disciplina avversata  nei termini di illogicità, inadeguatezza e soprattutto iniquità.

1.     ECCESSO DI POTERE per illogicità e difetto di istruttoria. ECCESSO DI POTERE difetto di motivazione. VIOLAZIONE DI LEGGE sub specie degli artt. 1 Legge n. 394/1991. VIOLAZIONE DI LEGGE sub specie dell’art. 2 lett. c. delle misure di salvaguardia del D.P.R. 22 Luglio 1986. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI di cui alla legge 394/91.

Come da parte espositiva la reviviscenza delle delibere in epigrafe ha riproposto il vincolo in esse previsto per l’attività di accompagnamento subacquei nelle acque del parco circostanti l’isola di Capraia.

Come si è detto il vincolo si risolve in una limitazione dello svolgimento delle attività ai soli soggetti giuridici, espressamente autorizzati dall’ente parco,”..aventi sede sociale e/o organizzativa alla data del I° gennaio 2003” in una delle isole dell’Arcipelago Toscano.

A dire del commissario la misura sarebbe in linea con il fine della “salvaguardia del patrimonio naturalistico” ed in particolare con l’obiettivo specifico di non far subire danni all’ecosistema marino e/o – si noti bene - far “danneggiare o  impedire  il regolare svolgimento dell’attività economica delle isole dell’Arcipelago Toscano legate al mare quali, la pesca……i diving e/o la semplice attività di snorkeling e sea watching” (cfr. delibera 121 cit).

Invero il ragionamento seguito dall’organo straordinario è viziato sotto più profili.

In primo luogo perché “attualizza” la salvaguardia del patrimonio naturalistico in modo difforme da quello previsto ed auspicato  dalla legge quadro n. 394 cit.

L’idea di salvaguardia dal primo intesa come “valorizzazione e fruizione dell’ambiente quale risorsa e sviluppo socio economico delle popolazioni residenti” (cfr. ibidem) lo porta infatti a legittimare una “misura di protezione” delle attività economiche locali praticamente autoreferente ovvero sganciata da una effettiva tutela dell’ambiente.

Ad avviso di questa difesa invece l’impostazione della legge quadro seppur sensibile ai profili economico-sociali, rimane strettamente ancorata ad una logica di  protezione dell’ambiente strictu sensu; nel senso che pur prevedendo i primi li pone chiaramente come variabile e/o funzione dipendente della seconda.

Nel caso la discriminazione - dato che di questo poi si tratta - tra operatori del settore basata sul mero criterio della residenza, appare invece esulare da ogni finalità di protezione del patrimonio naturalistico.

Che infatti la tutela naturalistica prescinda dalla natura e dai dati anagrafici di chi pone in atto i comportamenti considerati pregiudizievoli, non si pone dubbio.

Ben potrebbe uno dei soggetti “indigeni” far confluire sull’area un numero di subacquei superiore a quello sostenibile dall’ecosistema marino, danneggiandone così tratti essenziali.

Da cui delle due l’una: o - come appunto detto - la facoltà di promuovere o sostenere il sistema economico sociale del parco è stata assunta come facoltà del tutto autonoma in capo allo stesso, dunque come espressione di una correlativa funzione e/o fine dell’ente distinta dall’altra di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale;  oppure la misura protezionistica in favore delle attività dei residenti è stata ritenuta strumentale alla tutela del patrimonio naturale.

Tuttavia anche in tale ultima ipotesi il ragionamento sarebbe viziato, sebbene sotto altro profilo di logicità.

La misura infatti è oggettivamente insufficiente a garantire la tutela delle acque del parco perché appunto, per come congegnata - ossia del tutto sganciata dal dimensionamento delle aree e quindi dal grado di antropizzazione sostenibile di queste  - non mostra neppure una funzionalità al caso basata su criteri scientifici.

Appare piuttosto rimessa ad un criterio eminentemente soggettivo – presupponente l’equazione “sono del posto = amo e tutelo il posto” - discutibile in se per come articolato e soprattutto biasimabile per capacità operativa.

Su questa falsariga è ad esempio contestabile la scelta di limitare il favor ai soli soggetti giuridici residenti sulle isole  e non sulla costa prospicente le stesse; peraltro smentendo quel dato acquisito in dottrina (e confermato nella legge dalle previsioni che ammettono la partecipazione in sede di redazione del piano e del regolamento agli enti locali costieri) secondo cui sono soggetti coinvolti nell’area protetta marina, tutti coloro che si “affacciano sulla medesima”.

Inoltre la scelta secondo il criterio soggettivo appare svolta senza particolari specifiche, come se non fosse  stata preceduta da alcuna attività istruttoria a supporto e soprattutto non mostra una idoneità operativa per il caso.

Ad esempio non prevede la distinzione, come fatto in altri ambiti di amministrazione attiva, tra soggetti giuridici autorizzati  no profit e  profit, unico distinguo che avrebbe potuto dare significato al “criterio soggettivo”,  ben sapendo che l’obiettivo di chi opera for profit è quello appunto di massimizzare il guadagno ovvero, nella specie, massimizzare il flusso delle attività di accompagnamento nell’area.

Chi assicura infatti che i residenti profit fanno sicuramente prevalere l’attaccamento al posto sul proprio ritorno economico?

Più in generale non viene spiegato su quali requisiti attitudinali il residente è considerato più idoneo del non residente – nella specie anche dello stesso operatore costiero – nello svolgere un implicito (!) compito di tutela ambientale.    

Nel complesso dunque se la regolamentazione adottata è pur sempre collegabile alle premesse secondo due distinte “tesi” (la prima :”Il parco ha il fine specifico ed autonomo di promuovere e sostenere le attività economiche locali”; la seconda: “Il parco assume queste misure in funzione del fine condizionante e superiore di tutelare il patrimonio naturale”) in entrambi i casi appaiono sussistenti evidenti limiti, tali da far censurare – ad avviso di questa difesa - il modo in cui è stato esercitato il potere discrezionale.

Queste prime conclusioni trovano, come anticipato, ampia conferma sia nel dato letterale della legge quadro (e specularmente nel decreto istitutivo del parco) sia nella giurisprudenza formatasi sulla stessa.

Sulla portata del sistema disegnato dalla legge 394 cit. si vedano gli articoli 1 ,11 e 12 letti in combinato disposto con gli articoli 1 bis, 7, 11 bis e 14

E’ l’articolo 1 a fissare le finalità generali della istituzione delle aree naturali protette (“garantire e promuovere, in forma coordinata, la valorizzazione e conservazione del patrimonio naturale del paese”; cfr. art.1 primo comma) ed in particolare dello speciale regime di tutela e gestione previsto dalla legge (“a) conservazione di specie animali o vegetali……di valori scenici e panoramici…..di equilibri ecologici; b) applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientali idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici…;c) promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili; d) difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici…….”; cfr. art. 1 cit comma terzo).

Il perseguimento delle anzidette finalità viene assicurato attraverso l’approvazione di due strumenti conformativi, quali, il piano per il parco (cfr. art.12) ed il regolamento (cfr. art.11).

E’ in particolare a quest’ultimo che – in una situazione ordinaria - è affidata la disciplina delle attività sportive ricreative ed educative, come è appunto l’attività di accompagnamento subacquei (cfr. art. 11 secondo comma lett. d)) nonché il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo (cfr. ibidem lett. c)); il tutto nel rispetto di alcuni divieti tassativamente previsti (cfr. art. cit. comma terzo; divieti peraltro pedissequamente riportati nelle misure di salvaguardia di cui al decreto istitutivo del Parco all’art. 3; cfr. Decreto 22 luglio 1986) al fine di impedire che “le attività e le opere possano compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora ed alla fauna ed ai rispettivi habitat” (cfr. ult. cit.).

Nello stesso tempo è innegabile che l’attività di accompagnamento subacquei rilevi anche come particolare forma di turismo ambientale e come tale rientri nell’ambito di operatività delle iniziative del parco per la promozione economica e sociale di cui agli artt. 11 bis e 14 della Legge quadro.

 Iniziative – lo si noti bene – comunque da adottarsi “nel rispetto delle finalità del parco, dei vincoli stabiliti dal piano e dal regolamento del parco” (cfr. art. 14 cit.): dunque – aggiunge questa difesa – nell’oggettivo subordine alle finalità ed agli obiettivi di tutela ambientale di cui alla legge quadro e per essa della disciplina generale del Parco.

Tale sommaria ma significativa ricostruzione ha trovato riscontro in alcune recenti pronunce del giudice amministrativo sulle disciplina dell’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena (cfr. Tar Sardegna, 18 Giugno 1997 n. 785; 28 Aprile 2001 n. 495 nonché 10 Luglio 2002 n. 1120).

Seppur il giudice amministrativo ammette “la possibilità di dettare clausole di favore per i residenti nell’area ricompresa in un Parco Nazionale, in ragione dell’onere di estremo rilievo accollato ai medesimi per interessi propri di tutta la collettività” resta comunque fermo nel subordinare l’anzidetta possibilità e con essa le conseguenze negative e/o discriminatorie verso i non residenti “all’esigenza di tutelare l’area compresa nei confini del parco stesso” (cfr. Tar Sardegna cit.).

E’ così che giudica illegittimo “…il provvedimento che nel disciplinare lo svolgimento di particolari attività nell’area del Parco, riserva agli operatori del settore non residenti in essa un numero di autorizzazioni proporzionali a quelle richieste dai residenti, senza calcolare l’anzidetta proporzione in base al numero massimo di autorizzazioni assentibili secondo prudenza, poiché espone i primi ad un danno che non trova giustificazione nell’esigenza di tutelare l’area compresa nei confini del parco stesso (nella specie il decreto  del Presidente della repubblica istitutivo dell’Ente Parco nazionale dell’Arcipelago di la Maddalena disponeva che l’attività di immersione subacquea nell’ambito del territorio del Parco fosse svolta prioritariamente dai residenti a La Maddalena i quali dovevano conseguire il 75% dei permessi rilasciati dall’organismo di gestione dell’ente Parco, con grave pregiudizio per i non residenti nel caso in cui, a dispetto del numero massimo di autorizzazioni da rilasciare secondo prudenza, il numero dei residenti che ne avessero fatto richiesta fosse esiguo o nullo” (cfr. ibidem).

 Ed ancora, in riferimento a vicenda per molti profili analoga a quella di questo giudizio, per le stesse ragioni  giudica illegittima una disposizione del regolamento attuativo del decreto istitutivo del parco (recte l’art. 31 secondo e terzo comma) con cui viene imposta una prestazione patrimoniale a chiunque intenda svolgere per il proprio svago attività d’immersione nella suddetta area, imponendogli di avvalersi dell’assistenza  di un centro in ogni caso (nb. in un regime generale che prevedeva il numero massimo dei diving centers autorizzabili ed attribuiva la priorità nel rilascio ai centri residenti nel parco), addirittura anche quando le capacità personali del subacqueo o la semplicità dell’escursione la rendano palesemente superflua.

In tale occasione dice il giudice amministrativo: “Non può essere addotto che la misura risponde ad esigenze di controllo per la salvaguardia dell’ambiente sottomarino, in quanto da una parte l’assistenza è affidata a soggetti privati, privi di qualsiasi potere repressivo nei confronti di condotte illecite e dall’altra non è prevista nei confronti dei residenti. Se quindi l’attività d’immersione è ritenuta potenzialmente pericolosa per l’ambiente, tanto da rendere necessaria quantomeno l’assistenza di personale specializzato, non si comprende come tale pericolo venga meno quando la medesima sia svolta da residenti nel territorio del Parco” (cfr. sentenza n. 1120 cit.).

Con la conclusione finale per cui se legittimamente da un lato “..l’Ente di gestione del Parco ha stabilito un criterio di preferenza per gli operatori del settore ….residenti nel territorio tutelato” illegittimamente dall’altro ha “… creato artificiosamente un mercato protetto in favore di questi ultimi, imponendo a tutti gli interessati allo svolgimento di attività subacquee di avvalersi delle prestazioni dei centri autorizzati” (cfr. ibidem).                       

(segue). ECCESSO DI POTERE per difetto di istruttoria ed illogicità (sotto altro profilo). ECCESSO DI POTERE  per manifesta contraddittorietà tra atti ed illogicità (sotto ulteriore profilo); difetto di motivazione.   

Un ulteriore approfondimento della vicenda, anche in punto di fatto, in luogo di schiarire i dubbi sull’operato dell’Ente Parco, evidenzia altri profili di illegittimità.

Già si è detto sulla parte motiva della(e) delibera(e) avversata(e).

In particolare come questa, per come sviluppata, possa rimandare a due distinte ragioni ispiratrici dell’operato dell’ente, entrambe biasimabili per come poi attualizzate.

Sempre sulla motivazione tuttavia possono essere spese altre considerazioni.

Dalla condotta complessivamente tenuta dall’ente emergono infatti un generale comportamento “superficiale” sui termini della vicenda nonché forti contraddittorietà rispetto a quanto (seppur ambiguamente) in origine assunto a motivazione di base.

In primo luogo è innegabile che sorgano dubbi sull’appropriatezza della istruttoria compiuta se, a soli 30 giorni dall’adozione della prima delibera, l’Ente sia tornato “sui propri passi” prendendo in rilevo un interesse – quello degli operatori economici del settore, s’intende implicitamente “non residenti” – già facilmente valutabile e contemperabile in seno al procedimento originario (cfr. delibera n. 163 cit. in parte espositiva ove :”Rilevata pertanto l’opportunità, anche in considerazione che per il corrente anno già da tempo gli operatori del settore risultano aver assunto impegni per l’espletamento della loro attività nella zona interessata, di procedere alla revoca…..”).

L’idea poi di aver proceduto ad un ribaltamento sulla base di tale genere di interessi prima non considerato(!) fa emergere - sebbene a posteriori ma comunque nell’ambito di una sorta di interpretazione autentica data dall’amministrazione – la intrinseca contraddittorietà e/o ambiguità delle motivazioni iniziali.

In sede di revoca infatti l’amministrazione se da un lato riprende ed enfatizza la originaria spinta ambientalista del provvedimento (“Considerato che detta regolamentazione si era resa necessaria per una forma di difesa delle aree a mare in ottemperanza dell’art. 1 delle misure di salvaguardia di cui al D.P.R. 22/7/1996 e secondo i principi generali informatori della Legge n. 394/91……..”; cfr. ibidem); dall’altro rimarca anche l’altro filone, quello della protezione economica delle comunità territoriali interne al parco, ampliando l’estensione di queste ultime anche agli operatori non residenti ma svolgenti attività entro il Parco (cfr., supra).

Tuttavia in questo secondo caso – la sede della revoca – giunge a conclusione del tutto antitetica a quella di cui alle delibere avversate.

A testimonianza dunque del fatto che sebbene entrambe le ragioni a fondamento della(e) prima(e) delibera(e) – sia quelle naturalistiche in senso stretto che quelle legate ai profili economico sociali – fossero state rappresentate come di soddisfazione urgente ed indifferibile, in realtà poi così urgenti ed indifferibili non erano.

La valutazione non cambia se si tiene di conto dell’intervenuta ordinanza cautelare di Codesto Tribunale, appunto la numero 821 del 30 Luglio u.s..

Anche se il tribunale ha censurato l’esercizio del potere di revoca da parte dell’ente, rimarcando soprattutto l’importanza delle esigenze di protezione ambientale menzionate nelle delibere nn. 87 e 121 (cfr. ord. Cit. “la revoca …..autorizzando di fatto una indiscriminata attività subacquea potrebbe comportare un pericolo per l’equilibrio dell’ecosistema del Parco ….come del resto riconosciuto dallo stesso commissario straordinario nelle delibere revocate….”) è di tutta evidenza che lo ha fatto in maniera per cd dire “additiva” ovvero autonoma da ciò che ha fatto e ha detto l’Ente parco.

E’ innegabile infatti che questo ultimo “rimangiandosi la parola” (l’espressione è contenuta nel ricorso del Comune di Capraia di cui al n. 1124 cit.) ha dimostrato che o le esigenze di protezione ambientale non erano poi così rilevanti e/o che erano state computate tali in base ad una istruttoria affrettata e/o non scientificamente fondata.

 Il che fa emergere a sua volta altro vizio nella prima istruttoria.

Il mancato supporto a fondamento delle ragioni dell’urgenza di alcuna argomentazione scientifica.

Peraltro – in questa sede lo si anticipa ma lo dimostreremo di seguito - non vi sono elementi scientifici a dimostrazione di un presunto disturbo dell’ecosistema marino da parte dell’attività svolta dai subacquei, il più delle volte – senza distinguere tra residenti e non nel territorio del Parco - rispettosi dei luoghi frequentati giusta l’amore che nutrono per il mare e per i suoi abitanti.

(segue ancora) ECCESSO DI POTERE per disparità di trattamento. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3, 4, 5, 41 e 97 della Costituzione. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI CUI ALL’ART. 87 del TRATTATO SULLA COMUNITA’ EUROPEA .  SVIAMENTO DI POTERE.  

La regolamentazione dell’attività di accompagnamento subacquei di cui è causa, creando una ingiustificata ed illegittima  disparità di trattamento tra soggetti residenti e non residenti, finisce  col dar luogo ad una marcata alterazione del regime della libera concorrenza.

Ciò è contrario sia ai principi costituzionali di uguaglianza (art. 3) , di diritto al lavoro (art. 4), di unità ed indivisibilità della Repubblica (art.5), di libertà di iniziativa economica privata (art.41) e di imparzialità (art. 97) che a quelli comunitari in materia di libertà di concorrenza (tra i quali vedi in particolare l’art. 87.1 del Trattato istitutivo della Comunità).

Già si è detto sulla intrinseca illogicità della discriminazione fondata sul mero criterio della residenza (cfr. supra).

Si è visto in particolare che questa non è funzionale ad una migliore tutela dell’ambiente.

In mancanza di questo nesso e pur con le perplessità già manifestate sulla esistenza o meno di una facoltà autonoma dell’ente di sostenere le iniziative locali, ciò che è certo e che il sostegno non può spingersi sino ad alterare la libera concorrenza tra gli operatori del settore.     

Nel caso invece questa distorsione è inequivocabile: i non residenti infatti sono del tutto impediti di operare nelle acque circostanti l’isola di Capraia.

In questo senso il caso presenta una sua assoluta peculiarità.

I precedenti  giurisprudenziali più conosciuti nella materia pertengono infatti tutte ipotesi dove la distorsione è minima e/o parziale e non assoluta, come invece nel caso (ove appunto nel mercato locale non ci sei a condizioni peggiori bensì non ci sei affatto!).

Come più significativa, per analogia, si ricorda la già richiamata Tar Sardegna n. 495/2001 dove in riferimento ad alcune penalizzazioni sui prezzi e sulla tipologia del servizio a carico di operatori autorizzati al trasporto perché non residenti si dice che “…non essendo ragionevole una discriminazione fondata esclusivamente sulla residenza……..” non appare legittimo che gli armatori “subiscano delle penalizzazioni che….alterano in concreto la libera concorrenza ponendo fuori del mercato le imprese sfavorite” (cfr. sent. cit.). 

Si veda anche la già citata n. 1120/02 ove, analogamente, con riguardo alla norma di cui all’art. 31 del reg. Att. Del parco, come visto sull’obbligo di accompagnamento da parte di divers residenti per qualunque subacqueo voglia immergersi nelle acque delimitate del Parco,conclude: “ Illegittimamente è stato invece creato artificiosamente un mercato protetto in favore di questi ultimi, imponendo a tutti gli interessati allo svolgimento di attività subacquee di avvalersi delle prestazioni dei centri autorizzati” (cfr. ibidem).

Voglia valutare peraltro Codesto Ecc.mo Collegio se, vista la complessiva ambiguità e contraddittorietà della disciplina, non sia integrata una ipotesi di sviamento di potere al fine precipuo, appunto, di creare condizioni di mercato più favorevoli agli operatori residenti.

Con riserva di integrare la domanda con contigua richiesta risarcimento danni.

P.Q.M.

Voglia Codesto Ecc.mo Tribunale in accoglimento del suesteso ricorso annullare gli atti impugnati con ogni conseguenza di legge . Con vittoria di spese ed onorari.