Je accuse ! Non può iniziare che con il titolo dell’articolo di Emile Zola sul caso Dreyfus la
denuncia della collettività subacquea italiana (rappresentata per l’occasione
dall’associazione in epigrafe, che ha come scopo quello di tutelare, anche in
sede giurisdizionale, i diritti e gli interessi dei subacquei e da due degli
associati in proprio che hanno un interesse al presente procedimento in quanto,
subacquei ed immergendosi anche in Capraia volendo usufruire di barche da
crociera o con base sul continente, sono direttamente pregiudicati
dall’annullamento del provvedimento impugnato, ma ciò solo per economia processuale
potendosi avere senza difficoltà centinaia se non migliaia di adesioni al
presente intervento) di quello che un illustre collega amministrativista
ha definito il “delitto
amministrativo perfetto”.
Infatti il presente giudizio, attraverso un abile
gioco delle parti, vorrebbe offrire ai giudici, traendoli in inganno, come si
desume dalla stessa motivazione del provvedimento cautelare già ottenuto da
controparte, una falsa rappresentazione della realtà consistente
nell’affermazione (del tutto irreale) che i subacquei (che come tali si
limitano ad effettuare escursioni sottomarine senza nulla toccare o prelevare
dall’ambiente circostante ma limitandosi ad osservarlo) costituiscano un
pericolo per l’equilibrio dell’ecosistema del Parco Nazionale dell’Arcipelago
Toscano di cui si erge a paladino il Comune di Capraia Isola che però
stranamente nulla ha detto o fatto contro attività che possono essere
effettuate nelle stesse acque, come ad esempio la pesca, che hanno ictu oculi un
impatto sull’ambiente del tutto maggiore rispetto a quello dei semplici
escursionisti subacquei che si vorrebbero del tutto ingiustificatamente mettere
all’indice.
Nulla di più falso,
come sarà spiegato e provato con il presente intervento che metterà in luce
l’inconsistenza dei due motivi di impugnazione del
Comune proprio sui loro presupposti di fatto, dato che sull’esigenza di
tutelare l’ecosistema marino non solo non si discute, ma anzi gli interventori sono ferventi sostenitori della conservazione
dell’ambiente in cui vanno permesse solo le attività ecologicamente
sostenibili.
Per far comprendere
appieno la genesi del provvedimento impugnato va ripercorso brevemente l’iter che ha portato all’emanazione delle
delibere, queste sì del tutto illegittime, che lo hanno
preceduto.
Con delibera
commissariale n. 87 del 5 maggio 2003, sembrerebbe su sollecitazione del Comune
di Capraia come dichiarato dal Sindaco in una intervista
alla Nazione, il Commissario dell’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano,
“atteso che un uso non regolamentato della fruizione delle aree a mare” (e già
qui la prima “inesattezza” dato che la fruizione di quelle aree a mare ricadenti
nella cd. zona 2 era già regolamentata,
come si esporrà esaminando più avanti la normativa primaria del parco che in
tal modo si vuole stravolgere) …. “possa
recare gravi danni all’ecosistema marino” (non certo però l’attività di escursionismo subacqueo) nonché danneggiare o impedire il
regolare svolgimento delle attività economiche” dell’isola legate al mare (qui
la vera motivazione nascosta: i subacquei osservano i fondali e controllano
l’ambiente: quindi danno fastidio a chi vuole avere profitti a danno
dell’ambiente), “quali la pesca, già oggetto di regolamentazione” (secondo tale
impostazione un escursionista subacqueo è un soggetto pericoloso per
l’ambiente, un pescatore no il che è palesemente assurdo, ma si sa, i subacquei
danno fastidio ai pescatori che non possono pescare agevolmente o mettere reti
o palamiti se i primi sono presenti), “i diving”
(sull’isola ce ne è solo uno il cui titolare è membro del consiglio comunale e
gli altri sono discriminati dalla delibera in questione) “e/o la semplice
attività di snorkeling e sea watching”
(con una evidente contraddizione in termini dato appunto che i subacquei altro
non fanno che sea watching, cioè osservano con
rispetto il mare) disponeva
sostanzialmente che potessero svolgere immersioni ricreative subacquee, nella
zona 2 dell’isola (la 1 è ed è sempre stata a riserva integrale con specifici
divieti già previsti nel decreto costitutivo del parco) coloro che sono
residenti, che possiedano abitazioni o che risiedano stagionalmente per almeno
sei giorni sull’isola o espressamente autorizzati per finalità
istituzionali e/o scientifiche dall’Ente Parco”.
Di nessun valore pratico
le altre statuizioni indicate nel dispositivo in quanto
la riserva di attività di accompagnamento subacquei a soggetti aventi la
qualifica di guide ambientali era già da tempo prevista da una legge della
regione toscana ed i divieti nella zona 1 erano già previsti ed operanti da
anni ad opera del decreto istitutivo del parco.
Per motivi oscuri
(forse il provvedimento sembrava troppo ad usum delphini ?), giustificati dal fatto che
“per un mero errore formale di battitura nonché di elaborazione
informatica del documento, nel dispositivo di cui ai commi 1 e 3 della Delibera
in oggetto è stata erroneamente riportata la dicitura Comune di Capraia Isola
invece che Isole dell’Arcipelago Toscano” veniva emanata la delibera
commissariale n. 121 del 23 maggio 2003 (all. 1) che, sostituendo la
precedente, estendeva tale assurda disciplina a tutte le zone perimetrate a mare (sempre con esclusione della zona 1 a
riserva integrale) del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.
Tuttavia, chissà
perché, anche la nuova delibera veniva inviata solo
agli organi di vigilanza competenti per Capraia (e non per le altre zone perimetrate) e lo stesso Commissario dichiarava, in
interviste sui giornali che non si voleva estendere tale nuova disciplina ad
altre zone.
Che tale delibera
fosse palesemente illegittima non ci voleva certo un
giurista per capirlo: con che criterio si riservava un’attività con un impatto
sull’ambiente pressoché nullo a residenti su un’isola, possessori di abitazioni
o dulcis in fundo
residenti stagionali (sic !) per almeno sei
giorni sull’isola oltre ad assicurare il monopolio, per gli altri subacquei,
all’unico diving dell’isola ?
Tanto più che
un’attività, ben più influente sull’ecosistema, come la pesca (vedi la delibera
n. 26/2000 all. 2) era ed è consentita con una lenza o un bolentino o un
palamito con numero di ami non superiore a 70 (sic !) ai
residenti abitanti e a quanti possiedano abitazioni sulle isole e con una lenza
o un bolentino a coloro che risiedano stagionalmente per almeno 7 giorni
consecutivi (sic !) sulle isole.
Di recente tale ultima
disciplina è stata confermata dall’Ente Parco (all. 3) sul presupposto (del
tutto illogico) che la pesca effettuata da soggetti che soggiornano per almeno
7 giorni sulle isole in argomento non determina sostanziali nocumenti per la
biocenosi marina (mah !), portando nel frattempo una ulteriore
componente sociale alle azioni di sorveglianza sulle attività di pesca di frodo
condotta con strumenti di elevato impatto ambientale (sorveglianza però molto
meglio effettuata dai subacquei che non prelevano nulla dall’ambiente e la cui
stessa presenza scoraggia simili attività illegali).
E non occorre essere
un biologo marino per capire che un’attività del genere pur consentita ad un
numero non elevato di soggetti (ma la previsione dei cd. residenti stagionali
che in realtà sono giornalieri è del tutto assurda
significando che basta avere i mezzi per un soggiorno di una settimana per
poter usufruire di una vera e propria riserva di pesca) è molto più dannosa per
l’ambiente che non la semplice presenza di subacquei, semplici osservatori di quest’ultimo.
Altra assurdità è
che nelle stesse zone si permette l’ancoraggio di imbarcazioni
da diporto, numerosissime nel periodo estivo, che con le ancore e le catene
distruggono letteralmente il fondale, mentre quelle dei sub possono ormeggiarsi
a boe fisse situate sui siti di immersione.
Nella storia dei
parchi marini italiani, la cui gestione purtroppo è spesso improntata a criteri
quanto mai opinabili e spesso in senso contrario alla tutela dell’ambiente in
nome di interessi particolaristici, c’era stato un
solo precedente simile, anche se meno eclatante, del Parco Nazionale
dell’Arcipelago della Maddalena che aveva consentito solo ai privati residenti
di effettuare autonomamente immersioni nell’area protetta, mentre i privati non
residenti potevano effettuare immersioni solo se accompagnati dai diving center autorizzati dall’Ente, ma era prontamente
intervenuto ad annullare il regolamento il Tar
Sardegna con sentenza n. 1120/2002 (all.
4) che ha ritenuto che “è stata imposta una prestazione patrimoniale a chiunque
intenda svolgere per il proprio svago attività d'immersione della suddetta
area, imponendogli di avvalersi nell'assistenza di un centro in ogni caso,
addirittura anche quando le capacità personali del subacqueo o la semplicità
dell'escursione la rendano palesemente superflua. Non può, poi, essere addotto
che la misura risponde ad esigenze di controllo, per la salvaguardia
dell'ambiente sottomarino, in quanto da una parte l'assistenza è affidata a soggetti
privati, e privi di qualsiasi potere persino nei confronti di condotte
illecite, e, dall'altra, non è prevista nei confronti dei residenti. Se, quindi, l'attività d'immersione è ritenuta
potenzialmente pericolosa per l'ambiente, tanto da rendere necessaria quanto
meno l'assistenza di personale specializzato, non si comprende come tale
pericolo venga meno quanto la medesima sia svolta da residenti nel territorio
del parco”.
Di fronte a tale
delibera che per i subacquei normali aveva il significato di non potersi più
immergere nei fondali dell’isola se non usufruendo, oltretutto non facilmente
per la necessità di raggiungere l’isola con il traghetto di linea, dell’unico diving su di essa presente con ovvie conseguenze sulla disponibilità e
sui prezzi che in regime di monopolio tendono ad aumentare ingiustificatamente
e con l’impossibilità di effettuare crociere subacquee nell’Arcipelago toscano
che ricomprendano anche Capraia, si è levata una protesta
veramente estesa dall’Alpi alle Piramidi (da Bolzano ai subacquei italiani
presenti nel Mar Rosso egiziano).
E ciò non tanto per
il caso Capraia, ma per il fondato timore che un modo così assurdo di gestire
le riserve marine in nome di interessi
particolaristici e non certo a vantaggio dell’ambiente, possa estendersi ad
altre realtà locali in tutta Italia.
Da alcuni subacquei
è stato messo in rete un sito web sull’argomento il cui guestbook
(all. 5) è stato sottoscritto con commenti, alcuni condivisibili altri meno, ma
tutti in senso contrario a tale assurda disciplina, da centinaia di persone, ma
molte di tali persone sono soggetti molto noti
nell’ambiente subacqueo e non, docenti universitari di discipline che spaziano dal diritto alla
medicina all’ingegneria, esponenti di fondazioni internazionali di ricerca
scientifica, di didattiche subacquee e di associazioni subacquee di praticanti
tale attività con centinaia di aderenti.
Inoltre il caso è
stato stigmatizzato in tutti i luoghi, virtuali e non,
dove erano presenti subacquei e non una voce si è levata a difendere tale
assurda delibera ma tutti l’hanno unanimemente condannata.
Numerosi
anche gli articoli su riviste e giornali di cui si produce una selezione (all.
6).
Anche per tale
protesta dei semplici cittadini ed utenti il Commissario Straordinario del
Parco ha emanato la delibera n. 163 del 20 giugno 2003 di annullamento
delle precedenti illegittime delibere, ora proditoriamente impugnata dal solo
Comune di Capraia Isola nel presente giudizio.
Come risulta dal comunicato dell’Ente Parco del 20 giugno 2003
(all. 7) la revoca è intervenuta anche perché “il parco vuole stare dalla parte
di cittadini. I nostri precedenti provvedimenti hanno fatto molto discutere
perché non sono stati capiti ed è nostra intenzione di dialogare con i cittadini e tutte le parti interessate al fine di
raggiungere soluzioni condivisibili e che soddisfino tutti”.
Invece non solo non
c’è stato alcun dialogo con gli utenti (e a questo punto si comincia a dubitare
della buona fede degli organi dell’Ente Parco) ma a sorpresa e subito prima
delle ferie estive il 16 luglio 2003 è stato depositato il ricorso del Comune
di Capraia Isola per l’annullamento della delibera di revoca, i cui unici due
motivi possono sintetizzarsi nel fatto, come più volte
ribadito, falso, che l’attività subacquea sia pericolosa per l’ambiente
marino.
Stranamente o per un
ben preciso disegno l’Ente Parco non si è costituito in giudizio e nella
motivazione del provvedimento di revoca, pur essendo presente la circostanza
che si trattava della revoca di un provvedimento illegittimo da rimeditare “in attesa che la materia possa essere più opportunamente e
complessivamente regolamentata all'interno di strumenti programmatici del Parco
anche con il contributo di tutti soggetti interessati alle attività subacquee” che
costituisce la vera motivazione e fondamento del provvedimento di autotutela di
revoca (onde evitare l’annullamento in via giurisdizionale della palesemente
illegittima precedente delibera revocata)
era stato messo l’accento sul fatto, invece del tutto secondario ed
irrilevante, che “già tempo gli operatori del settore risultano aver assunto
impegni per l’espletamento della loro attività nella zona interessata”, accento
che, nella sostanziale assenza di un contraddittorio, ha fatto buon gioco
all’iniziativa di ottenere in limine
litis e poi il 30 luglio 2003 il provvedimento cautelare di sospensiva
sostenendo, ahimè ipocritamente e per realizzare un’ingiustizia, il giusto
concetto che la tutela dell’ambiente deve prevalere sugli interessi di pochi
singoli su cui non si può non essere d’accordo e che ha tratto in errore il
presidente del Tar adito ed i componenti del Collegio
ignari dei dati di fatto sottostanti.
Si è ottenuto così
il risultato che nel nome della tutela dell’ambiente si sono fatti proprio gli
interessi di pochi soggetti: il diving locale, i
pescatori ed i vacanzieri settimanali a tutto discapito dell’ambiente marino
privato di quelli che sono i suoi più ferventi paladini, appunto i subacquei
ricreativi.
E’ altrettanto
evidente che con questa manovra si mette in salvo da una impugnazione
la delibera revocata, momentaneamente fatta rivivere dal provvedimento
cautelare.
Ma chi sono questi
subacquei che il Comune di Capraia (ed a questo punto anche l’Ente Parco (che
si è ben guardato dal difenderli) considera come una minaccia
?
Si tratta di uomini e donne, ragazze e ragazzi di ogni ceto sociale e
di ogni orientamento politico che hanno in comune l’amore per il mare, il
piacere di volare (in acqua il subacqueo ha sempre un assetto neutro e non
tocca minimamente i fondali) e di librarsi negli abissi marini osservando,
ammirando e rispettando le innumerevoli forme di vita che incontrano; che in
immersione non pescano, né possono farlo (la pesca subacquea con l’uso di
autorespiratori è vietata da decenni: art. 128 bis d.p.r. 2 ottobre 1968 n.
1639).
Inoltre non ci si improvvisa subacquei: occorre un adeguato addestramento
di base e tutte le didattiche, nessuna esclusa, prevedono nei programmi una
parte che tratta delle problematiche relative all’ambiente marino ed alla sua
conservazione.
I subacquei
ricreativi sono degli ecologisti che stanno ai parchi marini come gli
escursionisti stanno ai parchi terrestri.
E non si tratta solo di allegazioni
difensive ma di un dato di fatto confermato dalla testimonianza (all. 8) di uno
dei più famosi biologi ed ecologi marini italiani, il Prof.
Francesco Cinelli, ordinario presso il Dipartimento
di scienze dell’uomo e dell’ambiente dell’Università degli Studi di Pisa,
Presidente del Corso di Studi in Scienze Ambientali e profondo conoscitore,
come testimoniano le sue numerose pubblicazioni (all. 9), dei fondali del
Mediterraneo e dell’Arcipelago Toscano.
Il Prof. Cinelli afferma tra l’altro
(non si ritiene opportuno qui sintetizzare le sue parole, oltremodo incisive,
invitando il Collegio a leggerle integralmente) che i subacquei sono i migliori
testimoni di quanto avviene sotto la superficie e sono oggi le migliori
sentinelle del degrado sottomarino. Una associazione
ambientalista come Marevivo ha istituito da anni le
guide ambientali subacquee proprio per venire incontro alle nuove esigenze di
rispetto e salvaguardia dei fondali.
Migliaia di
subacquei frequentano ogni anno le acque delle coste egiziane del Sinai così
come le isole Medas in Spagna e nessuno si sogna di vietarlo o limitarlo.
Così le Maldive o Cancun o le isole della Francia,
le riserve della Corsica con le splendide cernie di Lavezzi;
in Italia ottimi esempi la riserva di Ustica, un paradiso per i subacquei e
quella di Miramare, a Trieste, gestita dal WWF che
appunto permette le immersioni.
Il subacqueo si immerge soprattutto per motivi di interesse scientifico,
per fotografare o filmare o, più semplicemente per osservare gli organismi
marini.
Tant’è che sempre più numerose e prestigiose istituzioni scientifiche come ad esempio, in
Italia la International school for scientific diving presso il Centro interuniversitario di Ecologia
Marina con sede all’Università di Pisa (all. 10), il Marine Science interdisciplinary research group presso l’Università di
Bologna (all. 11 e 12), il progetto Subacquea per l’ambiente del gruppo di
ricercatori dell’Acquario di Genova (all. 13), ritenuto che i subacquei
ricreativi “con il successo di alcuni progetti precedenti, hanno già dimostrato
la loro capacità ad operare come controllori dell’ambiente marino” li
coinvolgono in attività di ricerca scientifica di ampio respiro.
Occorrono a questo
punto altre parole per condannare l’improvvida iniziativa di un’amministrazione
comunale che, fingendosi in questa sede ecologista per bandire i veri
ecologisti, si vanta (all. 14) di poter ospitare almeno duecento barche di
passaggio (con il relativo inquinamento) e che organizza gare di pesca prelevando
dal mare in un sol giorno quintali di totani con in
testa il Sindaco, vincitore della gara con ben 22 totani di notevole taglia ?
Anche poi sotto il
profilo economico con quale miopia si privilegiano i
pescatori rispetto ai subacquei quando studi scientifici come quello sul parco
nazionale francese di Port Cros
(all. 15) dimostrano pag. 4 che il valore di una cernia di 15 chili pescata è
di € 150 mentre se lasciata vivere all’ammirazione dei subacquei è di ben €
7.500 all’anno ?
Inoltre la fauna
marina ben sa da chi è veramente minacciata ed i subacquei sanno per esperienza
diretta che in quei parchi marini dalla gestione illuminata dove le immersioni vengono promosse ed incoraggiate, reprimendo efficacemente
le altre attività pericolose, i pesci e le altre forme di vita non manifestano
alcun timore non sentendosi minimamente disturbati come ne testimonia il
notevole incremento rispetto ad altre zone non protette (non certo dai
subacquei) ormai desertificate.
Ecco tra l’altro
come si stravolge la normativa sui parchi marini dove tutti hanno voce, tranne
che i semplici cittadini amanti del mare e delle sue bellezze che si vorrebbero
preservare.
Si ricorda, sul piano normativo, che la legge
6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro
sulle aree protette) ha fra i suoi scopi (lettera c, comma 3 art. 1) quello “di
promozione di attività di educazione, di formazione e
di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative
compatibili” (ed a questo punto dovrebbe essere ovvio che la subacquea è
un’attività ricreativa compatibile e va quindi promossa e non vietata).
Quanto ai divieti
sono vietati: a) la cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle
specie animali (comma 3 art. 11) e la stessa legge dispone che "restano
salvi i diritti reali e gli usi civici delle collettività locali, che sono esercitati secondo le consuetudini locali.
Eventuali diritti esclusivi di caccia delle collettività locali o altri usi
civici di prelievi faunistici sono liquidati dal
competente commissario per la liquidazione degli usi civici ad istanza
dell'Ente parco" (comma 5 art. 11).
Collettività locali
"radicate" e non semplici proprietari di seconde case o turisti
dunque.
La normativa
secondaria (che però deve essere conforme, pena l'illegittimità, alla legge
quadro) per il parco dell'Arcipelago toscano (Decreto del Presidente della
Repubblica 22 luglio 1996 Istituzione dell'Ente Parco nazionale dell'arcipelago
Toscano) prevede all’allegato A (misure di salvaguardia)
all’ art. 2 (Tutela e promozione) lettera
c) “la promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca
scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative
compatibili”.
Le immersioni subacquee, dunque, essendo
attività ricreative compatibili vanno promosse e non vietate (se non e con dei limiti nelle zone 1 a riserva integrale, regolate dall’art. 4 del decreto
che stabilisce gli specifici divieti, zone che comunque non riguardano il
presente procedimento).
Il successivo art. 3
(divieti ) prevede che "nell'ambito del Parco nazionale dell'arcipelago
Toscano sono vietate le seguenti attività, fatte salve le utilizzazioni del
territorio medesimo per esigenze di carattere militare e quelle attività legate
alla funzionalità del servizio fari e del segnalamento marittimo: (………) n) la
pesca, sia professionale che sportiva, con qualunque mezzo esercitata, salvo
quanto disposto dall'Ente Parco per i soli residenti nonché
per i proprietari di abitazioni nelle isole di Capraia, Gorgona
e Giannutri, muniti di autorizzazione dell'Ente
Parco; è comunque fatto divieto di esercitare la pesca subacquea e la pesca a
strascico; è peraltro consentita ai soli cittadini residenti o proprietari di abitazioni
nel comune di Capraia Isola la pesca professionale esercitata con le nasse, con
il palamito con un numero di ami non superiore ai 250, con la lenza e con il bolentino,
previa autorizzazione rilasciata dall'Ente Parco; ai soli pescatori professionisti
residenti nel comune di Capraia Isola è consentita la pesca con tre reti al
tramaglio di 350 metri cadauna, previa autorizzazione rilasciata dall'Ente
Parco; ai soli cittadini residenti o proprietari di abitazioni nel comune di
Capraia Isola è consentita altresì la pesca sportiva con lenza, bolentino e con
il palamito con un numero di ami non superiore ai 70, previa autorizzazione
rilasciata dall'Ente Parco".
E già qui la
menzione dei proprietari di case non residenti in senso tecnico lascia notevoli dubbi di illegittimità (rispetto alla fonte
legge quadro di grado poziore)
Ma a questo punto è
assurda la delibera sui residenti "stagionali" (su cui “stranamente” nulla
il Comune di Capraia ha eccepito) che poi sono solo giornalieri,
sicuramente illegittima a questo punto.
Nulla però dispone l’art. 3 (divieti) del
decreto istitutivo sulle immersioni subacquee; di conseguenza, almeno nelle
zone 2 di cui si occupa il presente procedimento, il Commissario non aveva
alcun potere di vietarle o limitarle, nemmeno parzialmente, il che fa ritenere
ancora più abnorme l’intervento del Comune di Capraia per porre nel nulla la
revoca di un provvedimento illegittimo anche per l’evidente violazione della
normativa sulle misure di salvaguardia.
In altre parole, nelle zone 2 le immersioni
non possono essere vietate o ristrette, non essendo ricomprese nella attività vietate dall’art. 3 del decreto istitutivo ma
anzi vanno promosse ed incentivate ai sensi dell’art. 2 del decreto essendo
attività ricreative compatibili !
E’ evidente a questo
punto la violazione di legge e l’eccesso di potere del parco, corretti solo con
la revoca del provvedimento, ad istanza dei liberi
subacquei, revoca però assurdamente impugnata nel presente procedimento, con
falsi presupposti di fatto dal Comune di Capraia Isola.